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· Abbiamo qualcosa da raccontarvi: "Mettiamoli in fila" ·
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Mettiamoli in fila

di Antonio Lagravinese

Dopo la trasferta in Francia per visitare la Cooperativa di Ribeauville in Alsazia, il mese di settembre ha segnato la piena ripresa dell’attività di VOG con una iniziativa che rivela una leggera punta di benevolo sadismo… Eh si! Se infatti è incontestabile che il degustatore si perfeziona con la pratica, è leggermente crudele proporre una degustazione alla cieca proprio dopo una lunga pausa estiva! E’ evidente che Luca e Delfina, oltre che confidare nell’elevato livello dei soci, erano altrettanto certi che i veri appassionati non avrebbero sospeso l’attività di assaggio durante le ferie per mantenere “in caldo” le papille gustative.
Ovviamente ciò che ci aspettava il 27 settembre non era certo un esame; la degustazione è avvenuta alla cieca proprio per innalzarne la valenza tecnica e costringerci a mettere alla prova noi stessi, senza che nessuno ci chiedesse riscontro sul numero finale dei riconoscimenti.

La struttura della serata è stata la seguente: sono stati serviti contemporaneamente quattro vini bianchi indicandoci vitigno, azienda e tecnica di vinificazione; dopo un lasso temporale lasciato alla libera degustazione dei vini, si è provveduto ad un commento guidato con successivo svelamento della corretta sequenza. Stesso procedimento per la  batteria di quattro vini rossi.
Ritengo più funzionale alla lettura dell’articolo raccontarvi prima le sensazioni suscitate dai vini per poi rivelarvi i vitigni e le aziende produttrici.
Partiamo quindi dai bianchi. Sappiamo che ci verrà versata una Malvasia, una Falanghina, un Moscato Giallo ed un Kerner, tutti vini secchi.
Di primo acchito i colori dei campioni non ci sono di grande aiuto, sicuramente il quarto vino presenta una tonalità molto più carica mentre il secondo è forse il più scarico ma sappiamo ormai da tempo che il vino va bevuto e quindi iniziamo a giocare.

PRIMO VINO
Il primo sorso non entusiasma, aiuta però lo sprigionarsi di note di frutta fresca e di erbe aromatiche inizialmente sovrastata da una leggera pungenza alcolica, elegante l’accenno floreale di ginestra. L’eccessivo calore si percepisce anche in bocca, dove stride soprattutto una eccessiva acidità, unico supporto del tenore alcolico esuberante. Sembra un vino un po’ “costruito”, con una persistenza modesta, pur mantenendo una discreta bevibilità sostenuta da una buona sapidità.
SECONDO VINO
Il cambio di passo è deciso! In questo caso non c’è coerenza tra l’aspetto visivo e quello olfattivo-gustativo. Infatti il colore quasi trasparente, quasi bianco del liquido non lascia presagire il calore , la morbidezza e l’elegante fruttato che esplode in bocca all’assaggio.  Un naso fragrante di pesca bianca, una nota esotica che maschera sentori di erbe aromatiche ed una complessiva nota erbacea. Il vino è vibrante, persistente, sapido e con una freschezza mitigata dalla chiusura di bocca sulle note di mela. Questo prodotto sembra essere solo all’inizio di una sua potenziale storia evolutiva.
TERZO VINO
L’impatto è decisamente aromatico ma con una leggera chiusura amaricante molto controllata che non disturba assolutamente la beva. Leggera nota vegetale ed ottima sapidità. La morbidezza al naso è confermata dal sostanziale equilibrio in bocca declinato su toni fruttati maturi e reso più accattivante da un netto sentore di salvia che ne alleggerisce il sorso rendendolo assolutamente piacevole.
QUARTO VINO
Come già accennato precedentemente questo bicchiere presenta un colore quasi dorato dal quale filtrano  tuttavia ancora alcuni riflessi verdognoli. Il naso austero fatica ad aprirsi e solo l’analisi per via retronasale dopo l’assaggio ci permette di apprezzare note di estrema maturazione, sentori mielosi, di frutta candita e sciroppata unita però ad una grande acidità e ad una sensazione di pietra focaia che accompagna una persistenza davvero degna di nota e che garantisce una evoluzione che si preannuncia potenzialmente molto lunga. Dopo l’areazione si fanno più percettibili sentori fruttati di melone e pesca gialla.Sicuramente si tratta di un vino che trova in un corretto abbinamento gastronomico la sua migliore valorizzazione.
Ecco svelata la sequenza:
LA SIBILLA – Falanghina 2015 Campi Flegrei Doc
Azienda che possiede 8ha di vigneto nel cuore dei Campi Flegrei dove il terreno vulcanico permette l’impianto di vigne a piede franco. Vinificazione a temperatura controllata preceduta da macerazione di 12 ore, maturazione in acciaio per sei mesi “surlies” ed affinamento in vetro.
VILLSCHEIDER – Kerner 2015 Alto Adige Valle Isarco Doc
Minuscola produzione frutto della conduzione di soli 2,5 ha complessivi (0,75ha dedicati al Kerner). Alta densità di impianto (10.000 ceppi/ha) su un terreno magro, poco calcareo e pietroso. Fermentazione spontanea , maturazione di quattro mesi in acciaio e successivo affinamento sempre in acciaio prima dell’imbottigliamento. Zucchero residuo: 3,1 gr/l
POPPHOF – Goldmuskateller 2015 Südtirol Doc
Maso vinicolo da oltre mille anni, già centinaia di anni fa imbottigliava per la vendita in Inghilterra; 4,50 gli ettari totali dell’Azienda ma meno di 3.000 le bottiglie di Moscato Giallo prodotte. Viti allevate a spalliera e pergola con esposizione sud-ovest, macerazione di circa 6 ore prima della fermentazione spontanea in acciaio a bassa temperatura. Maturazione in acciaio ed affinamento in vetro. Zucchero residuo 5,7 gr/l
NICOLINI – Malvasia 2013 Venezia Giulia Igt
Sei tipologie di vini differenti per complessive 5.000 bottiglie, non una azienda quindi ma un vero e proprio artigiano che si prefigge lo scopo della valorizzazione e riscoperta di vitigni autoctoni della zona lavorati con il minor impatto ambientale possibile. Macerazione di 35/48 ore prima della fermentazione spontanea, nessun filtraggio ed affinamento in acciaio per 8 mesi. Eventuale affinamento in vetro anche fino a due anni.

Una primo commento ci porta a concludere che forse il vino più riconoscibile della batteria era il Moscato Giallo, per la sua marcata aromaticità e morbido equilibrio donato dal pur modesto residuo zuccherino. Questo vino, assieme al Kerner è stato forse tra quelli più apprezzati. Del Villscheider ha stupito l’assenza di note fastidiosamente vegetali spesso presenti nei vini tratti da questa uva creata in Germania nel 1929 dall’incrocio tra il Riesling e l’uva a bacca rossa Schiava grossa. La Malvasia è un prodotto che esce da ogni schema , sicuramente non facilmente individuabile come tipologia, ha suscitato qualche entusiasmo ma anche qualche perplessità, non le si può comunque negare una sovrabbondante dose di personalità
Veniamo ora alla batteria dei vini rossi; si tratterrà di un Sagrantino, un Barolo, un Brunello di Montalcino ed un Amarone.
QUINTO VINO
Rosso rubino piuttosto scarico, nette sensazioni floreali di viola e rosa leggermente appassita. La bocca rivela un tannino vivo ma molto elegante, buona l’acidità, vena moderatamente vegetale che disturba un naso non perfetto.La persistenza è discreta ma un po’ monocorde. Il prodotto è corretto, dotato di buona sapidità, a tutto vantaggio della  bevibilità,  pur non entusiasmando.
SESTO VINO
La trama cromatica molto fitta trova conferma in un approccio decisamente potente. Frutta rossa matura, ciliegia ed amarena, con spiccate sensazioni di appassimento. Sapidità e freschezza sono  appena sufficienti, ma ciò che emerge prepotente all’assaggio è una netta nota erbacea che resta come nota caratterizzante della PAI del vino.
SETTIMO VINO
Rosso rubino quasi cupo, impatto deciso di prugna ed amarena. Tannino molto vivo ed astringente, mantenendo però un equilibrio che lascia presagire una evoluzione che donerà certamente maggiore eleganza. Il vino è fresco e graffiante, mostra una giovinezza scalpitante con un accenno balsamico. Una decisa areazione libera leggere note terziarie di tostato, pepe e chiodi di garofano e china in bella mostra. Persistenza speziata lunghissima con liquirizia che vira nel finale in una inaspettata ciliegia freschissima arricchita da accenni quasi floreali. Grandissima prospettiva evolutiva.
OTTAVO VINO
Un bel colore rosso rubino carico stride con un naso molto chiuso, quasi fumoso. Le note riduttive si schiudono con molta fatica nonostante una energica areazione. In bocca il vino ha un buon equilibrio ma presenta una persistenza un po’ corta e polverosa. Approccio leggermente dolciastro che vira su note animali non estremamente eleganti.
Questa la serie dei vini:
CASINA BRIC 460° Barolo 2010 Docg
Questa Cantina rappresenta la proprietà più elevata del comune di Barolo, situata appunto a 460m di altitudine. Il nebbiolo viene vinificato in cemento con cappello sommerso per 35/40 giorni per poi affinare in botti di rovere di Slavonia. Solo 4.000 le bottiglie prodotte per questa tipologia.
AZIENDA AGRICOLA VIVIANI – Amarone della Valpolicella 2011 Docg
Conduzione del vigneto con tecniche colturali ecocompatibili, composizione tradizionale con il 75% di Corvina Veronese, 20% di Rondinella e 5% di Molinara. Raccolta a metà ottobre e successivo appassimento nei granai per circa 150 giorni. Dopo la vinificazione il vino affina 24 mesi in barrique e tonneau.
TENUTA BELLAFONTE – Sagrantino di Montefalco 2009 Docg
Dieci ettari vitati nel cuore dell’Umbria con estrema attenzione alla naturalità dei processi in vigna ed in cantina. L’uva non viene pigiata bensì semplicemente diraspata e poi trasferita nei tini di  per l’avvio della fermentazione spontanea. Dopo una macerazione di circa due settimane il mosto viene trasferito a maturare 36 mei in botti di rovere di Slavonia. Fermentazione malolattica spontanea prima dell’imbottigliamento senza filtrazione; ulteriore riposo di almeno 10 mesi prima della commercializzazione.
POGGIO ANTICO – Brunello di Montalcino 2011 Docg
Trentadue ettari di vigneto dei quali ben trenta a Sangiovese  che danno vita ad una produzione di poco superiore a centomila bottiglie, frutto di una strenua selezione in vigna ed a rese ampiamente più basse di quanto consentito dal disciplinare. In cantina l’enologo Carlo Ferrini provvede ad una  fermentazione di circa due settimane, con frequenti follature, per poi trasferire la massa in  botti di rovere di Slavonia da 37/55 hl dove affina per 36 mesi. Ulteriore affinamento in bottiglia di 12 mesi prima della messa in commercio.
Terminato l’assaggio dei vini rossi possiamo concludere che questa batteria ha riscosso pareri più omogenei rispetto alla prima. Sicuramente il vino più facilmente individuabile è risultato essere il Barolo, sia grazie alla particolare tonalità cromatica ma anche per l’assoluta aderenza alla tipologia, soprattutto sul piano olfattivo. Estremamente rivelatori anche gli esuberanti  tannini del Sagrantino, prodotto che comunque si è distinto, rispetto alla media della sua tipologia, per equilibrio ed eleganza. Gli accenni dell’appassimento nel secondo campione lasciavano intuire che fossimo in presenza dell’Amarone, anche se la decisa nota verde, in questo vino, deve ritenersi sicuramente un difetto ed in taluni casi può aver reso più difficile il riconoscimento. Per quanto riguarda il Brunello la chiusura del vino lo ha reso difficilmente interpretabile, anche se le note terziarie “animali” erano rivelatrici di un Sangiovese in evoluzione.

L’esito della serata è stato alquanto eterogeneo in termini di successo nel riconoscimento dei vini e di gradimento degli stessi. Ma ciò è assolutamente normale. La degustazione alla cieca non è una gara, che potrebbe essere vinta anche senza alcun merito ma grazie solo ad una discreta dose di fortuna, ma un valido esercizio tecnico. Concentrarsi per ricercare descrittori riconoscibili e riconducibili a precedenti esperienze di assaggio costringe a leggere un vino ben oltre la semplice, eppure sempre fondamentale, piacevolezza di beva. La carrellata di prodotti degustati, tutti ricavati con tecniche di vigna e cantina,  non necessariamente certificate biologiche o biodinamiche, ma certamente focalizzate su un minimo interventismo , ha dimostrato una volta in più che non possiamo mai parlare del vino catalogandolo per territorio, vitigno o tipologia. Ogni produttore ha una propria personalità e quindi ogni vino ha una propria individualità.  Se il Kerner di Villscheider, per fare un esempio, è differente da numerosi altri Kerner il problema non è di questo ma di tutti gli altri che si somigliano. D’altro canto non possiamo neppure sostenere che la non riconoscibilità di un vitigno sia di per sé garanzia di buona esecuzione in vigna e cantina. Come al solito “la verità sta nel mezzo”: il territorio ed il vitigno, se ne vengono rispettate le peculiarità, devono lasciare un’impronta ben intelligibile, che deve però essere mediata dall’abilità del produttore per regalare a noi consumatori  prodotti non solo piacevoli e corretti ma anche riconoscibili nella loro originalità e, perché no, talvolta emozionanti. Questa serata tali sensazioni sono state suscitate per giudizio unanime dal Sagrantino tra i vini rossi, mentre il podio dei bianchi è stato conteso tra il Moscato Giallo ed il Kerner. A questi produttori in particolare vanno i nostri più sentiti complimenti!

Per informazioni:
vog@vistaolfattogusto.it
oppure
3296765397 Ambasciatrice VOG Cremona Delfina Piana

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